La via dei templi dell’acqua

Dalla sorgente che viene ora utilizzata dalle piscine del campeggio, l’acqua un tempo veniva divisa in due flussi all’altezza dei cosiddetti “spartitoi”: uno di essi costeggiava le mura del paese e serviva per irrigare gli orti, l’altro irrigava i campi circostanti. Fino al 1857, anno in cui la piazza centrale fu completamente rifatta con la distruzione della vecchia pieve di San Martino e lo spostamento della fontana centrale, l’acqua proveniente dagli spartitoi si immetteva nella “gora di piazza” che a seguito dei lavori fu chiusa. L’acqua tuttavia correva libera lungo le mura del paese fino al 1957, anno in cui fu incanalata al di sotto della strada. Oltrepassata la piazza principale, oltre dove oggi è collocata la Locanda dei Tintori, un tempo c’era un primo mulino, attivo fino al 1950. Da lì l’acqua si divideva in ulteriori rivoli: verso i lavatoi, oggi sede della Biblioteca Comunale, e da lì verso Radicofani e l’altro verso la Val di Chiana. Il percorso che scende verso l’Astrone, è costellato di chiesette e un tempo di mulini, ben 18, di cui oggi sono visibili solo i suggestivi ruderi di due. Le ben sette chiesine sono sorte molto probabilmente su luoghi pagani dedicati al culto delle acque.  Dopo la porta di San Martino, prendendo la strada per il cimitero, incontriamo la prima: la “chiesina della Concia” di cui rimane visibile solo il timpano, continuando si trova la Chiesa di Santa Vittoria, sconsacrata e priva del tetto;  la chiesa del Crocifisso che ora è un’abitazione privata, l’edicola della “Madonna dell’uccellino”, la chiesina privata della famiglia Borselli,  l’edicola della “Madonna del Maldicapo” e la bella chiesa delle Spiagge, intorno alla quale un possente muro di blocchi di travertino, collegato ad una delle vie cupe che scendono verso Chiusi, fa pensare ad un apprestamento di epoca etrusca. Sempre in prossimità del cimitero, la grande struttura del cosiddetto “gorone” fa parte dell’ampio sistema di canalizzazione attivo fino al secolo scorso.
Scendendo oltre i ruderi dei vecchi mulini, seguendo il flusso prepotente dell’acqua in caduta, si arriva ai resti dell’impianto termale romano della peschiera Giannini, la cui imponenza è documentata da un muro di 36 metri in opus reticolatum. Da lì si può far ritorno verso il paese seguendo il suggestivo percorso delle due “vie cupe”, strade di origine etrusca, con pareti intagliate negli alti strapiombi in travertino. All’altezza della zona della Palazzina, la via è costellata di cavità e tombe etrusche.

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