Castiglioncello del Trinoro era difeso da fortificazioni, con cinque chiese all’interno delle mura, un cassero e un palazzo comunale. Ben poco resta oggi di questo glorioso passato, che potrebbe avere origini etrusche: la chiesa romanica di Sant’Andrea, una porta del ‘300 e il palazzo. La sua posizione dominante (774 metri di altezza) sulla Val d’Orcia ne fece un centro di controllo sull’asse viario che scorreva nel fondovalle. E pare che, sfruttando questa posizione strategica, Castiglioncello sia diventato sede di ladroni che derubavano chi percorreva quel tratto di strada e che il suo nome derivi proprio da Castrum trium Latronum, cioè Castello dei tre Ladroni, ingentilito poi in Castrum Leoncelli Trinaurum, Castello del Leoncino dei tre ori. Ma qui siamo sul piano delle supposizioni condite da tratti leggendari. Di recente sono stai recuperati i resti di un’antica fortezza esistente almeno dall’undicesimo secolo, l’accesso al castello senese e la continuazione delle cerchia muraria di protezione. Dalle fondamenta, ora visibili in una sorta di giardino archeologico, si può vedere chiaramente la presenza di due torri di avvistamento. Dai documenti storici si rileva che appartenne ai conti Manenti, che nel 1117 e nel 1126 lo cedettero all’abbazia camaldolese di San Piero in Campo in Val d’Orcia, la quale a sua volta, verso il 1250, lo girò alla Repubblica di Siena. Quest’ultima, nel 1259, per far fronte alle spese della guerra contro i Fiorentini, lo cedette con altri castelli ai Salimbeni. La nobile famiglia senese – che pare vi accolse spesso Santa Caterina da Siena – ne mantenne la proprietà con alterne vicende fino al 1418, anno in cui fu requisito dalla stessa Repubblica di Siena. Nel frattempo i cittadini di Trinoro erano insorti, per proclamarsi Comune. Siena accolse la proposta, facendo promettere di non accogliere a Castiglioncello nessun componente della famiglia dei Salimbeni. Nel 1497 l’accordo venne confermato. Le successive vicende furono legate alla Repubblica di Siena. Da sottolineare che i Medici applicarono anche qui un processo di neo-infeudazione, trasformando Castiglioncello in marchesato e affidandolo alla famiglia sarteanese de’ Salamandri, poi conosciuta come Cennini. Oggi, il villaggio ospita un lussuoso resort diffuso.